Sei in > Storia della moneta > La moneta romana imperiale > La fine del III secolo - Diocleziano - Costantino

 
La moneta al tempo di Costantino


Proclamato imperatore dall'esercito alla morte del padre Costanzo, Costantino volle limitarsi al ruolo di Cesare mentre Severo veniva proclamato Augusto nell’Europa centrale ed orientale, lasciando, così, stabile la struttura tetrarchica.
Ma il regno di Severo fu di breve durata perché Massimiano, che non si era rassegnato alle dimissioni forzate, con l’aiuto del figlio Massenzio mise a segno il colpo di Stato del 28 ottobre 306 che gli consentì di tornare di nuovo Augusto mentre Massenzio assumeva il titolo di princeps invictus.

Ben presto anche Massenzio e Costantino assunsero il titolo di Augusti, ma Massimiano, temendo che il suo potere potesse vacillare, cospirò contro Costantino, cui aveva dato in moglie sua figlia Fausta; ma, fu scoperto ed ucciso nel 311. Ciò non impedì che Massenzio ne celebrasse la divinizzazione, emettendo folles.

Licinio Aug. aureo 313 Antiochia

In Oriente, intanto, era rimasto imperatore Galerio, che decise di nominare Licinio Augusto per una parte dell’Occidente, provocando il risentimento di Massimino Daia, Cesare di Oriente dal 305, che ritenne un affronto la creazione di ben tre più giovani regnanti.

 

Galerio, allora, tentò di risolvere la situazione istituzionale nominando lui e Costantino filii augustorum, con dignità consolare e proconsolare, titolo che ben presto si dové trasformare nella più piena formulazione di Augusto, come dichiara il tipo del genius al R/ in una interessante variante con la testa di Serapis in mano al posto del Sole, forse in omaggio alla zecca alessandrina.

Massimino II follis 309 Alessandria


Galerio di lì a poco cadde malato e, dopo aver proclamato la sospensione delle persecuzioni ai cristiani, morì il 5 maggio del 311. Subito Massimino in oriente e Licinio in Europa si spartirono il suo impero.
Intanto in Occidente Massenzio, che aveva sposato Maximilla, figlia di Galerio, aveva preso varie iniziative politiche, dando notevole risalto alla centralità di Roma: aveva trasferito la zecca di Cartagine ad Ostia e limitato le zecche di Ticinum ed Aquileia alla sola emissione di billone, con i tipi del tempio di Roma e riferimento all’imperatore come Salvatore della città.

Massenzio - argenteo 308 - 309 Ostia /R Marte e Rea Silvia
Massenzio - aureo  308 Ostia
Massenzio - nummus 309 Aquileia

 

Un aureo della zecca di Ostia si riferisce specificamente alla felicitas temporum, mentre la siliqua che rievoca il mito di Marte e Rea Silvia celebra le antiche e divine origini della città di Roma.

Massenzio ricorda suo figlio Romolo, prematuramente scomparso, proclamandone la divinizzazione in una ricca emissione, con la raffigurazione di un sacello, forse il tempio del divo Romolo, poi costruito o solo completato da Costantino. L’emissione è analoga a quelle in onore del padre Massimiano o di Costanzo e Galerio, anche se diverso è, ovviamente, l’edificio rappresentato.

Massenzio - nummus 311  Roma

Pur essendo riuscito a reprimere una rivolta in Africa, Massenzio non poté nulla contro Costantino, dal quale fu sconfitto nella celebre battaglia di Ponte Milvio.
Il vincitore trovò con l’altro Augusto, Licinio, un accordo, suggellato dal matrimonio di questo con la sorellastra Costanza. Avendo goduto nella battaglia di ponte Milvio della protezione del Dio dei Cristiani, Costantino si affrettò a proclamare la tolleranza nei loro confronti, obbligando a questo anche Licinio. Tale compatto schieramento provocò la preoccupazione di Massimino Daia che invase la Tracia, territorio di Licinio, ma dopo essere stato sconfitto ad Eraclea il 1 maggio del 313, dovè fuggire a Tarso, dove si suicidò. Licinio suggellò la sua vittoria uccidendo i familiari di Galerio e Severo, che si erano schierati con Massimino.

Alla fine del III secolo le zecche erano distribuite numerose per tutto l’impero, con un maggiore addensamento nella parte orientale; la moneta, dopo la riforma di Diocleziano, subì ulteriori riduzioni e svalutazioni, tanto che Costantino fu costretto a varare una nuova riforma, introducendo anche nuovi nominali.

Dalla fine del 306, il cosiddetto nummus cominciò a ridursi di peso , poi nel 307 si ridusse a gr. 8 e, infine a gr. 6,5027. A partire dal 313, il suo peso medio superò raramente i gr. 4.
L’emissione delle siliquae d’argento fu discontinua dopo il 308.
Un tentativo di mantenere una denominazione più alta in argento, forse un multiplo del ridotto nummus sembra rappresentato dall’emissione di centenionales, monete con il 25% di fino di c. gr.3 di peso, battute a Treviri in nome di Costantino, Massimino e Licinio secondo una tipologia ossequiente alla tradizionale religiosità romana, solita ad invocare il Sole e Giove.

 

Il tipo victoriae laetae princ perp fu ripreso in metallo vile più tardi, nel 318. Non è chiaro se le emissioni di Licinio in questo periodo abbiano seguito lo stesso sviluppo.

Intorno al 310 anche l’oro subì una riduzione e il suo peso venne ridotto ad 1/72 di libbra (da 1/60 precedente), quindi a gr 4,45; tale riduzione non fu applicata da Licinio; del resto fino al 324 il solido non costituì l’unica moneta dell’impero, come indicano le poche emissioni di aurei del vecchio standard, destinate forse a soli usi cerimoniali.

Dal punto di vista artistico, le emissioni di Licinio mantennero le caratteristiche degli ultimi anni della tetrarchia con immagini grandi, di basso rilievo e rozze.

I tipi di R/ non sono originali; i primi tipi in billone riprendono quelli della tetrarchia, con una quasi totale concentrazione sul tipo di Giove, dopo la caduta di Massimino.

Un bell’esempio di questo tema è l’insolito aureo con ritratto frontale di Licinio, battuto a Nicomedia, per celebrare il quinto anniversario dall’assunzione della carica di Cesare da parte di suo figlio, titolo assunto, con i due figli maggiori di Costantino, il 1 marzo del 317.

AUREO CON RITRATTO FRONTALE DI LICINIO

Altro esempio è l’aureo di Antiochia con il ritratto dello stesso Licinio II che ripete sul R/ il tipo di Iuppiter conservator del padre.

Anche il bel multiplo da 4 ½ solidi della zecca di Aquileia fu battuto per lui da Costantino.

multiplo della zcca di aquileia

Ma l’accordo stabilito nel 313 tra Costantino e Licinio fu di breve durata. La guerra del 314 privò Licinio di tutti i suoi possedimenti europei ad eccezione della Tracia e il conflitto finale del 324 gli costò il trono e la vita. Nelle ultime settimane aveva proclamato co-reggente Martiniano che batté moneta di tipo corrente esclusivamente a Nicomedia e Cyzico.
Caddero entrambi dopo le due disastrose battaglie di Adrianopoli e Chrysopoli.

La monetazione di Costantino è ricca e mutevole. Deve adattarsi, infatti a numerose riduzioni metrologiche, a cambiamenti concettuali-ideologici ed artistici.

 

Il tema iniziale fu più popolare, rivolgendosi al padre Marte, forse evocato per mettere in risalto il suo legame (e legittimazione) con Massimiano, a Roma. Come si è detto, il 31 marzo del 307 questa unione fu consolidata dal matrimonio di Costantino con la di lui figlia Flavia Massima Fausta.

 

 

 

Le piccole mezze siliquae di argento emesse in questa occasione dalla zecca di Treviri in nome di Costantino e suo suocero furono accompagnate da rari pezzi a nome della nobilissima femina, Fausta, con il tipo di Venere al R/.


 

Le celebrazioni familiari si confermano con il ritratto di Costanzo velato con al R/ un altare per la memoria su solidi della zecca di Treviri e nummi, anche nelle zecche di Londra e Lione da gr. 6,50 a 4,50.

La data di assunzione del rango di Augusto, pur non certa, è probabilmente il 25 dicembre del 307, il giorno della festa del Sole, che spiega la scelta del patrono cui Costantino deve le sue prime vittorie.

Uno splendido medaglione aureo battuto a Ticinum subito dopo la conquista dell’Italia nel 312 reca, infatti, le teste accostate del Sole e dell’imperatore; la leggenda definisce Costantino invictus max aug il suo scudo è ornato dal carro del Sole.

La vecchia titolatura imp caes era già stata sostituita dal termine victor e questa nuova forma fu largamente usata dall’imperatore e dalla sua famiglia; il termine invictus, comparso sporadicamente fin da Gallieno prima del nome dell’imperatore, diventa proprio della terminologia tardo imperiale. La corona radiata si mantiene fino alla definitiva sconfitta di Licinio, ma non se ne fa un uso comune, come in precedenza.

Un aureo da 1 ½ solido battuto a Tessalonica nel 315 mostra Costantino sia al D/ e al R/.: al D/ egli è radiato, il R/ rientra nei canoni della consueta propaganda imperiale, volendo infondere sicurezza alla popolazione con l’atteggiamento dell’imperatore, che seduto riceve una vittoria sul globo, la leggenda sottolinea e conferma tale significato.

Un doppio solido di Treviri con lo stesso tipo radiato sul D/ sembra costituire l’ultimo esemplare di tipo radiato per indicare il pezzo di valore doppio.


Costantino abbandonò i temi solari dopo la prima guerra con Licinio. Un doppio solido, battuto a Ticinum nel 315 per celebrare il decimo anniversario dell’impero, riprende il tipo elmato del D/ e il R/ victoriae laetae della precedente siliqua svilita.

Dopo il 1 marzo del 317 i Cesari Crispo e Costantino II sono ben presenti nelle emissioni.

Sulle prime, i ritratti sono attentamente caratterizzati; Crispo, figlio di Minervina, somiglia al padre.

 

 

mentre Costantino, figlio di Fausta, ha il viso piccolo della madre e il naso rincagnato .

Entrambi erano capi di province e comandanti militari, schierati l’uno contro Licinio, l’altro contro i barbari.
L’8 novembre del 324 Costantino celebrò la caduta di Licinio elevando a Cesare anche il terzo figlio Costanzo II.
I quattro governanti compaiono sul R/ di una delle nuove monete di argento battute per il ventesimo anniversario del capofamiglia.


Nell’ultimo periodo della guerra contro Licinio le donne della casa imperiale avevano cominciato ad assumere una certa preminenza e vengono citate sulle monete come nobilissima femina e maxima augusta: Elena è associata con i concetti di Pax, Securitas e Pietas; su queste emissioni la forma delle leggende è varia, risentendo, forse, di una certa influenza della lingua greca: nella zecca di Roma, mentre al D/ si mantiene il dittongo ae, nel R/ si usa la forma augustes, una forma di genitivo greco; anche nella stessa moneta, dunque, emergono tradizioni linguistiche e, quindi, culturali diverse, indicano, probabilmente, non solo mano d’opera di immmigrazione, ma anche comunanza e consuetudine linguistica.

SECURITAS

PIETAS


Le emissioni di Fausta tendono ad esaltare la sua maternità, che garantisce la discendenza e, quindi, la salute e la sicurezza dello Stato e il bene dei cittadini.

 

 

 

Tra la creazione dei Cesari nel 317 e la crisi del 326, ci furono, dunque, significativi sviluppi:
1) i folles di gr. 3,50 scomparvero assieme ai tipi pagani del Sole, che furono rimpiazzati dai nummi con tipi victoriae laetae princ perp di gr. 3.00, dette centenionales, forse per allusione al valore 1/100 di un nominale maggiore, considerati eredi delle monete di argento dioclezianee da gr 3.40.


La monetazione di argento riprese lentamente: più o meno nello stesso tempo furono coniati pezzi da c. gr. 6, probabilmente il doppio del centenionalis. Durante la guerra del 324 la zecca di Sirmium emise numerose monete di argento basso con le teste di C. su una faccia e quelle di Crispo e Costantino II sull’altro, di peso di c. gr. 4,50 che sembra abbiano determinato lo standard di monete di buon argento ad 1/72 di libbra fino al VI secolo; a questo si attribuisce il nome di miliarense.
Nel 325 riprese anche l’emissione della siliqua, ora di buon argento, dello stesso peso del centenionalis, di poco più di gr. 3,00. La celebrazione di Costantinopoli fu l’occasione per l’unico medaglione di argento del regno, un pezzo da cinque silique su modello ellenistico XX. Singolarmente, nessuna emissione a nome delle imperatrici è in argento.


Scandali, intrighi e cospirazioni portarono nel 326 alla uccisione di Crispo e poi di Fausta e, infine, nel 329 di Elena, mentre era in pellegrinaggio a Gerusalemme; probabilmente, l’imperatrice madre aveva avuto un ruolo in questi avvenimenti.

Costantino nei suoi ultimi anni sembrò voler reinstaurare la tetrarchia e per questo il 25 dicembre del 333 nominò Cesare il suo quarto figlio Costante; con l’avvicinarsi della fine del vecchio imperatore la successione dei quattro imperatori fu assicurata dalla promozione di Dalmatio figlio di Costanzo, fratellastro di Costantino.

UTILITAS PUBLICA

 

In un periodo di sempre maggiore concentrazione sul ruolo dell’imperatore piuttosto che sui suoi atti e la sua personalità, non sorprende che non siano ricordati sulle monete singoli eventi.

Per questo sono interessanti le emissioni che ricordano l’istituzione della zecca di Arles (314-5), nelle quali Roma spinge via la zecca di Ostia, “per l’utilità di tutti”, come recita la leggenda.

 

 

Così il tipo victoriae laetae di Treviri , poi generalizzato con Costantino è in parallelo con un doppio solido recante il tipo della città fortificata 51., emblematico della gloria dell’imperatore, tipico della tipologia dei tetrarchi e generalizzato nei centenionales anche dopo il 324.

 

 

 


Un punto cruciale nel regno di Costantino è la data, oltre che la genuinità, della sua conversione. La sua accettazione di Cristo e il suo diritto di trattare gli affari della Chiesa risalgono all’epoca della sua conquista dell’Italia; da allora c’è un aumento dell’evidenza per il suo entusiasmo verso la nuova fede, anche senza un ampio riscontro sulla moneta.

Le divinità pagane scompaiono nel corso del 317 (sulle monete, ma restano in alcuni medaglioni) e contemporaneamente compare il cristogramma.648 e un più tardo centenionalis della nuova zecca di Costantinopoli reca uno stendardo con i ritratti dei tre imperatori Costantino, Costantino II e Costanzo II, sormontato dal cristogramma, che trafigge un serpente, con un chiaro riferimento alla fiducia che l’esercito sotto la guida imperiale e con la protezione di Cristo possa sconfiggere il serpente nemico.

 


 

 

 

 

 

Lo splendore formale degli ultimi anni del regno è ben espresso dalle emissioni che si concentrano sugli aspetti cerimoniali della corte; gli abiti consolari e le insegne collegano l’imperatore con il senato, mentre la testa diademata ne enfatizza le aspirazioni teocratiche; questo triplo solido era destinato forse agli alti gradi dello Stato per la ricorrenza dei vicennalia.

 

 

 

 

L’occasione della dedica della città di Costantinopoli il 18 maggio del 330 fu il segnale per la celebrazione delle due grandi capitali: Roma fu rappresentata come divinità elmata e caratterizzata dal gruppo lupa gemelli nel R/, Costantinopoli elmata e con scettro. La città fu fondata a seguito della vittoria in una battaglia navale, quindi non manca mai il riferimento alla vittoria.

 

I centenionales della zecca di Roma furono battuti in gran numero dal 336 ad uno standard più basso del precedente, anche fino a gr. 1,70.
I meglio conservati mostrano ancora l’originaria argentatura, ma ci furono molte falsificazioni che aumentarono la sfiducia nella stabilità delle finanze imperiali. Anche i proventi delle confische, infatti, non riuscirono a fornire i fondi necessari per supportare i costi dell’amministrazione e delle guerre.

Quando dopo trenta anni di regno, il 22 maggio del 337, Costantino morì presso Nicomedia, l’impero romano aveva già cominciato il suo declino.