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Riforma di Diocleziano

Riprendendo la politica di Aureliano e tenendo conto della reale disponibilità di metallo, con la riforma del 296 confermò un plurimetallismo, fissando il peso dell’aureo ad 1/60 di libbra, gr. 5,45 e quello dell’argento ad 1/96 = gr. 3,41 (vale a dire, ai livelli neroniani), chiamando questo argenteus per distinguerlo dal vecchio denario; alcuni rari esemplari recano al R/ il numerale XCVI in corona di alloro, ad indicare il nuovo peso stabilito. Creò poi nominali di biglione argentato, quali il nummus (che alcuni chiamano meno propriamente follis) con testa radiata, di gr. 9,69 =1/32 di libbra e un neoantoninianus di gr. 3,29 pari a 1/110 di libbra, emesso essenzialmente in oriente e un piccolo nominale di solo rame, denarius communis, con testa laureata, di poco più di 1 grammo, pari a 1/256 di libbra.
In seguito raddoppiò il valore nominale del denario, come si evince dal testo di un’iscrizione mutila rinvenuta in Afrodisias di Caria e datata al settembre 301. Si tratta di una constitutio imperiale, lettera scritta dall’imperatore ai governatori delle province, dalla quale si evince che alle monete doveva essere attribuito un valore doppio del precedente e a questo computo si dovevano attenere i debitori sia verso lo Stato che verso i privati. Vi è specificato anche come per i debiti anteriori dovesse restare in vigore il valore precedente.
La parte centrale è stata fortemente integrata dagli editori: si evincerebbe che la moneta di argento dovesse valere 100 denari e i nummi radiati 5, l’oro doveva seguire, invece l’andamento del mercato. Ancora una volta, quindi, si cercò di rivalutare la moneta divisionale, attribuendole un corso elevato.
Ma, evidentemente, tutto ciò non fu sufficiente a contenere i prezzi perché solo tre mesi più tardi Diocleziano fu costretto ad emanare un editto, il famoso edictum de praetiis rerum venalium, un vero e proprio calmiere con cui si fissavano i prezzi massimi delle merci, il cui fallimento segnò la fine dell’estrema difesa del denarius.
Infine, fissò il numero delle zecche a 15: Lugdunum, Treviri, Londinium, Aquileia, Roma, Ostia, Carthago, Siscia, Serdica, Thessalonica, Eraclea, Nicomedia, Cyzicus, Antiochia, Alexandria d’Egitto, fino a quel momento zecca greca, chiusa come tale e riaperta come romana.

aureus
1/60 libbra gr. 5.45
argenteus 1/96 libbra gr. 3.41
nummus radiatus 1/32 libbra gr. 9,69
neoantoninianus 1/110 libbra gr. 3,29
denarius communis 1/256 libbra gr. 1,02