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Sei in > Storia della moneta > La moneta romana imperiale > La fine del III secolo - Diocleziano - CostantinoDiocleziano
Si associò nelle responsabilità M. Valerio Massimiano, pannone cui conferì il titolo di augusto e l’appellativo di Herculius, mentre riservò a sé quello di Iovius, indiscutibilmente più prestigioso e a Giove sono numerosi richiami nei R/ sia diretti, che attraverso la perpetua Felicitas. Come si sa, le competenze furono divise tra oriente e occidente; qualche anno più tardi, nel 293, fece affiancare a Massimiano Costanzo Cloro come Cesare, scegliendo Galerio come proprio; le emissioni con il tipo del Comitatus testimoniano il consolidato vigore della compagine. Come i tempi richiedevano, lo Stato fu rifondato su nuove basi.
Accrebbe il valore nominale del denario, raddoppiandone il valore, come
si evince dal testo di un’iscrizione mutila rinvenuta in Afrodisias
di Caria e datata al settembre 301. Si tratta di una constitutio
imperiale, lettera scritta dall’imperatore ai governatori delle
province, dalla quale si evince che alle monete era attribuito un valore
doppio del precedente e a questo si dovevano attenere i debitori sia verso
lo Stato che verso i privati. Dal punto di vista tipologico le effigi sono banali, torna il genius populi romani, a rafforzare il senso dell’unità nell’impero diviso; la sacra moneta urbis augg et caess nn a Roma, Ticinum Aquileia e Siscia, 54(592) tende allo stesso scopo, o forse vuol ricordare e confermare la nuova moneta nata dalla riforma. Ormai i ritratti sono approssimativi e certo meno fisionomici dei precedenti,
spesso si accompagnano a leggende pertinenti alle autorità dell’altra
pars imperii.
In tutto questo, come dimenticare la celebrazione dei vicennalia (voti augurali per lo svolgimento del prossimo ventennio) del vecchio augusto, ormai non lontano dall’abdicare?
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