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La fine del III secolo - Diocleziano - Costantino

La seconda metà del III secolo è un periodo particolarmente problematico, sia dal punto di vista politico che economico. La crisi monetaria, che si era già avvertita con i Severi e che aveva indotto Caracalla ad un drastico intervento di riduzione di peso dell’aureo a circa gr.6,50 (pari a 1/50 di libbra) e all’emissione di un nuovo nominale di argento, l’antoniniano, fu avvertita in tutta la sua intensità.

L’antoniniano, emesso per la prima volta da Caracalla nel 215 con un fino teorico del 50% di argento, doveva rappresentare il doppio del vecchio denario, pur valendo 1 denario e mezzo in base al peso, o, secondo alcuni, 5 sesterzi (sarebbe stato, cioè, pari, cioè, ad 1/20 dell’aureo).

Ma anche il nuovo antoniniano non si sottrasse al degrado qualitativo dei tempi, tanto che la sua emissione venne sospesa, per essere ripresa più tardi, quando, a seguito delle oscure vicende che sconvolsero non solo politicamente, ma anche amministrativamente l’impero, Aureliano dovè intervenire pesantemente con una organica riforma del sistema, nel tentativo di rimettere ordine nello scompaginato quadro della monetazione e ridare fiducia ad un popolo che, come nella tarda repubblica non sapeva più quanto possedesse, se ancora qualcosa possedeva. Poiché la situazione nonostante ciò non fu risolta, poco più tardi Diocleziano dové nuovamente intervenire, con documenti di indirizzo, varie disposizioni, addirittura un calmiere ed altre manipolazioni monetarie vere e proprie, sostanzialmente sulla stessa linea di Aureliano, nel tentativo di ristabilire un corretto e sicuro rapporto fra le emissioni nei tre metalli.

La monetazione consente di ripercorrere le tappe fondamentali di una storia complessa come quella del periodo, cogliendo le linee politiche che si esprimono abbastanza chiaramente nell’aspetto più evidente tra tutti, quello tipologico, senza trascurare gli aspetti intrinseci, (quali il peso ed il fino) essenziali per le manovre economiche necessarie nel momento.

Claudio il Gotico

Alla morte di Gallieno avvenuta durante l’assedio di Milano, fu acclamato imperatore un dalmata di modeste origini, Claudio il Gotico, il primo della serie di imperatori illirici, ad ingaggiare dure guerre contro le popolazioni barbariche che ormai con troppa facilità avevano preso a varcare i confini dell’impero. In un periodo irto di difficoltà di ogni genere, tra sommosse e insurrezioni, essi riuscirono a contenere la deflagrante anarchia entro confini abbastanza ristretti, salvando, ed anzi, ricostituendo una certa unità dell’impero, fino alla definitiva ristrutturazione dioclezianea.

 

Aureliano

Antoniniani di Claudio furono coniati copiosamente anche dopo la sua morte; sembra che ciò abbia scatenato le ire del suo successore Aureliano contro i monetieri (o meglio, la familia monetalis, cioè il complesso delle maestranze che operavano nelle varie zecche), rei di lesa maestà nei confronti del nuovo imperatore.

Ciò scatenò una violenta rivolta che Aureliano represse con estrema crudeltà. Ma forse tale massacro si comprende meglio inquadrandolo nella serie di provvedimenti improntati ad un rigido controllo delle attività che l’imperatore si proponeva di intraprendere, quali la chiusura delle zecche provinciali, sostituite da zecche urbane, alle quali veniva fatto obbligo di apporre sigle per la identificazione di provenienza e cifre indicanti il valore.

Contrariamente a quanto avviene per il resto dell’attività di Aureliano, non abbiamo notizie specifiche della riforma monetaria, mentre abbondano quelle sulla rivolta capeggiata dal monetalis Felicissimus, di cui parlano in diverso modo ben tre fonti.

Fu ucciso mentre preparava una spedizione contro i Persiani ed il Senato, non senza incertezze, nominò suo successore il non giovane Tacito che regnò solo sette mesi ma con determinazione.

I successori

 

Gli usurpatori


Non possiamo dimenticare in questo rapido excursus le non poche emissioni di rivoltosi ed usurpatori di questi anni: dagli imperatori gallici come Postumo, Vittorino e Tetrico a Carausio ed Allecto, fino ai già citati Vaballato e Zenobia ma anche Domiziano, Giuliano etc. che invocano la libertas publica o la loro Pannonia o la Britannia che attende il suo liberatore, fino ad appropriarsi dei tipi tradizionali ed istituzionali della concordia militum e della pax auggg.

Più comprensibile la salus in un periodo flagellato dalla peste o Giove conservatore o, ancora, il Sole, entità superiori, sicure ed invincibili.

Un elemento nazionalistico affiora ancora con il ricordo della flotta britannica, emesso da Allecto nel suo ultimo anno con il ricordo dolce della Laetitia.


In tanto scompiglio, un energico ufficiale dalmata, vendicatore di Numeriano, di cui aveva pubblicamente ucciso l'assassino con un colpo di spada, era esattamente quel che ci voleva per restituire dignità e compattezza allo Stato. Determinato e capace, non gli fu difficile ottenere il generale consenso con ordine e disciplina: Diocleziano.

Diocleziano

Massimiano

 

Diocleziano si associò nelle responsabilità il pannone M. Valerio Massimiano, dividendo le competenze tra oriente e occidente; qualche anno più tardi, nel 293, Massimiano fu affiancato da Costanzo Cloro come Cesare, mentre Diocleziano scelse Galerio come proprio.

Costanzo, Aureo 305-6 Treviri

Costanzo

Galerio, aureo 307-8 Nicomedia

Galerio

 

In seguito alll’abdicazione di Diocleziano e Massimiano nel 305, divennero dunque augusti Costanzo e Galerio; al loro posto come nuovi Cesari furono designati Severo II e Massimino II. Ma Costanzo morì presto (luglio 306), dopo aver svolto un’azione pacificatrice fra i tetrarchi, come ci testimonia il tipo della Concordia, che ricorre sul R/, alternato con quello di Ercole salvatore (conservatore), consueto nella tradizione romana, sugli aurei della zecca di Treviri.

Costanzo aveva da poco richiamato a sé il figlio Costantino, inviato presso Galerio; alla sua morte l’esercito lo proclamò subito imperatore.